Granchio Blu: Per un pugno di vongole

Si sta sentendo sempre più parlare di questo animale, il granchio blu, con titoli giornalistici allarmistici e preoccupanti. Ai titoli sensazionalistici dei giornali siamo abituati, ma perché ci fa così tanto paura? Cos’è il granchio blu? Lo scopriremo in questa puntata, tra economia blu in equilibrio precario, presidenti agguerriti e chef creativi.

Ascolta “Per un Pugno di Vongole: Il granchio blu – Ecologia” su Spreaker.

Cos’è il Granchio Blu

Il suo nome scientifico è CALLINECTES SAPIDUS ed è un crostaceo che non è proprio di queste parti. Parlo del Mediterraneo, il nostro paradiso ittico e balneare. Un piccolo mare con caratteristiche uniche che ospita più di 17.000 specie diverse, da molluschi a balene. Da inizio ‘900 ne ospita una in più, il nostro granchio blu. 

Il nome rimanda alla colorazione bluastra del corpo, enfatizzata sulle chele dei maschi. Chele abituate a combattere con i granchi e i predatori della costa occidentale dell’Oceano Atlantico. Paesi come l’Argentina e la Nuova Scozia lo considerano una prelibatezza, e la cattura è vietata dalla legge sotto certe dimensioni. Quindi cosa ci fa questo animale sui NOSTRI fondali marini?

L’inizio dell’invasione

Avrai già capito che è un specie alloctona del Mediterraneo, cioè una specie vegetale o animale che a causa dell’uomo ha colonizzato il nostro mare che è una realtà diversa dal suo areale storico. E’ stato accidentale o voluto? Non è certo, ma è possibile che la sua colonizzazione sia iniziata agli inizi del ‘900, con un primo avvistamento ufficiale nel 1949, e trasportato a noi dalle acque di zavorra delle navi. Lo zavorramento è fondamentale per stabilizzare l’equilibrio e la manovra dell’imbarcazione, ma è pericoloso perché può trasportare organismi da un Continente all’altro. Oggi i sistemi di controllo sono all’avanguardia, con filtri e raggi UV che limitano questo processo, ma nel passato l’acqua veniva pompata e via!

Anche se mancano le prove c’è un’altra ipotesi, quella della commercializzazione di esemplari vivi per preparare ricette “più esotiche”. Purtroppo ad oggi non ci sono testimonianze di allevamenti clandestini e legali di quel periodo, o più semplicemente ricette locali che ne parlano. Quindi il suo arrivo sembra del tutto accidentale.

Economia e conservazionismo vanno a braccetto quando si trovano davanti un nemico comune. Come con il nostro granchio blu che sta facendo rabbrividire scienziati e pescatori, oltre ai portafogli dei consumatori. Si parla di un buco di ben oltre i 100 milioni di euro di danni dovuti ai sui attacchi agli allevamenti di mitili, o alle reti da pesca.

Lo stesso Luca Zaia, Presidente del Veneto, ha chiesto lo stato di emergenza! Richiesta ammessa, e concessa con il decreto legge Omnibus, in cui il governo ha stanziato 2,9 miliardi di euro per combattere questa piaga. Anche altri presidenti regionali si sono fatti avanti, come Bonacci dell’Emilia Romagna. Sicuramente, non sarà l’ultimo che richiederà lo stato di emergenza.

Ma perché i granchi nostrani non fanno qualcosa? Perché non eliminano questo esurpatore di habitat? Purtroppo non c’è sfida. Le dimensioni e il peso sono maggiori, dandogli un netto vantaggio nella lotta alla sopravvivenza. La sua voracità e velocità di riproduzione non facilitano la situazione.. 

È in grado di sopravvivere in acque con temperature tra 3 e 35° C e con un significativo intervallo di salinità. Quindi riesce a sfruttare molte risorse alimentari in diverse aree acquatiche. Mangia ovviamente molluschi (ricoprono circa il 40% della sua dieta), ma anche altri crostacei, avanotti e anguille. Si accontenta addirittura di materiale vegetale a carcasse. E se non c’è cibo presente, non disdegna i suoi compagni. Insomma, è il classico quadro dell’onnivoro; predatore, opportunista e altamente adattabile. 

È una specie versatile, o come direbbe qualcuno “intelligente”. Come la volpe sfrutta il pollaio, questo crostaceo sfrutta gli allevamenti di cozze e vongole per riempirsi il tubo digerente. Un individuo rade al suolo diversi metri quadrati in pochi giorni! 

Ma non finisce qui. Infatti può addirittura rovinare le reti dei pescatori, bloccando l’attività di pesca delle zone costiere e lagunari in cui la concentrazione è maggiore. Forse, il nome che gli è attribuito, il killer del mare, non è poi così sbagliato..

Come fermare il Granchio Blu?

Come fermare una specie che sembra inarrestabile? Un animale che produce circa qualche milione di uova l’anno e che raggiunge la maturità sessuale in 12 mesi? Coldiretti pensa che la soluzione sia mangiarla

Noi siamo la soluzione! Popolo di scimmie nude senza coda ma con una tradizione culinaria millenaria!! Coldiretti ha accolto con così tanto entusiasmo questa soluzione, che a Jesolo nel 2023 ha organizzato Una manifestazione con un menù a base Del granchio blu. C’è chi ci vede una vera e propria opportunità di business, come lo chef Tino Vettorello. Ecco cosa dice al Gazzettino.it

“Il granchio blu può diventare un alimento su cui costruire una filiera gastronomica locale, perché le sue carni sono delicate e saporite.”

“Credo sia importante che in chiave nazionale e, ancora di più regionale, si stia prendendo coscienza di un’emergenza che può essere trasformata in opportunità.”

L’idea ci sta, siamo bravi a mettere in pentola ogni genere di bestiolina. Questo però potrebbe non bastare perché solo gli esemplari grandi sono usati in cucina. Le catture non riuscirebbero a portare la popolazione ad un livello demografico adeguato..

E mentre la Regione Veneto cerca di contenere i danni causati dal granchio blu, le Università tra cui quella di Venezia, finanziata con 80 mila euro dalla Regione, cercano di capire le sue abitudini litorali. Lo scopo è quello di intervenire durante specifiche fasi della vita di questo animale, come l’accoppiamento e l’ovodeposizione per bloccare l’esplosione demografica. A quel punto, la nostra pesca e i predatori naturali farebbero il resto.

–  Un piccolo racconto..

Ormai l’estate sta finendo, ma il granchio blu uno spaghettino alle vongole lo mangerebbe volentieri! E se non gli togli il piatto potrebbe mangiare anche quello!!

Il costo è assai salato, proprio come l’intingolino di quei carnosi molluschi. Il prezzo più alto l’ha pagato a Venezia dove la domanda è alta, ma l’offerta è molto bassa.

Ma lui non se be preoccupa. Sa bene che da quando lui e la sua famiglia, sono sbarcati nel mediterraneo di bivalvi ce ne sono pochi. Anche negli allevamenti, perché razziati da qualche chela marcia a cui l’equilibrio con gli umani non interessa per nulla. 

Lo fanno preoccupare di più le sparizioni dei suoi fratelli, e strane storie di ricette del mondo di superficie alquanto macabre…